
Responsabile dott.ssa Francesca Nocera
Da quando si è cominciato a studiare il complesso problema della carenza ormonale che caratterizza il periodo della menopausa, si è assistito a tutta una serie di “cambiamenti di prospettiva” che hanno disorientato molti medici e soprattutto le donne, fruitrici finali del nostro “ sapere”. Dalla fase del fenomeno fisiologico e come tale non necessario di alcun trattamento, si è passati alla opposta fase della endocrinopatia che richiede, sempre e per lunghi periodi, un trattamento indiscriminato. L’illusione di gestire contemporaneamente la sintomatologia e di fare al contempo una grande opera di prevenzione, ha fatto scaturire grandi entusiasmi sulla nuova opportunità di gestione della salute di una donna che invecchiava sempre di più. Sembrava automatico concludere sulla scia degli slogan di oltreoceano “donne per sempre” che “ormoni per sempre” potesse essere una sorta di elisir di lunga vita. Ma ben presto, agli inizi degli anni 2000, questa visione rivoluzionaria che grande ruolo dava al ginecologo quale medico della donna che invecchia, si è infranta con la pubblicazione e soprattutto impropria e acritica divulgazione di studi americani e inglesi che bollavano le terapie ormonali quali nuovi killer delle donne. In un tempo rapidissimo, si è osservato un crollo delle vendite delle terapie ormonali, una netta riduzione degli investimenti delle aziende farmaceutiche nella ricerca, e un grande disorientamento sia nella classe medica che nelle donne. A distanza di quasi 15 anni, facendo una analisi critica di questo evento abbastanza clamoroso della storia della medicina, possiamo dire che di fondo c’è stato un grande errore di comunicazione i cui effetti negativi percepiamo ancora, ma che ha certamente dato l’input ad una visione più equilibrata delle complesse dinamiche fisiopatologiche del periodo pre e post menopausale. In questo crocevia di informazioni contraddittorie un ruolo chiave hanno le società scientifiche che oggi più che mai devono restituire serenità alle donne e alle diverse figure professionali che le ruotano intorno puntualizzando indicazioni, limitazioni, opportunità e alternative dei vari trattamenti. Non più “la terapia sostitutiva” ma “le terapie” in una visione sicuramente più equilibrata e globalizzante.
Facendo tesoro di quello che ci sembrava solo un disastro culturale e commerciale, dobbiamo diffondere conoscenza attraverso dei progetti educativi che possano coinvolgere efficacemente il pubblico cui sono rivolti. I nostri obiettivi sono essenzialmente due: da un lato preparare più tipi di professionisti sanitari sulle strategie terapeutiche ormonali e non, e dall’altro raggiungere direttamente attraverso vari circuiti le donne coinvolgendole efficacemente. Il risultato finale di questa doppia manovra sarà quello che colmare il bisogno ancora inevaso di conoscenze sulla gestione della salute della donna in età post riproduttiva.